Perdono che liberi le tempie

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Ero una rondine e non potevi costringermi
per primo l’hai capito
mi hai scacciata e ti ho odiato perché avevo fame e non sapevo di che nutrirmi
senza la mangiatoia dei nostri abbracci
e tu hai sprezzato ogni singola piuma;
credevo volessi uccidermi, punirmi per le mie debolezze e per le tue miserie pavide,
invece mi hai liberata dal tuo cielo stretto,
aria di sasso sulle mie ali:
solo così ho abbastanza spazio per volare.
Ti perdono.

Di cosa profuma questo grigio
e quale suono hanno questi passi nyloncalzati
sulla mia arpa in sordina
della quale hai scordato ogni nota

è mistero. Se adesso
potessi esprimere un voto
incespicando con naturalezza
esiterei
al sicuro dietro alla lana scura
e potresti ascoltarmi respirare senza temere per la tua autostima

forte delle mie finitezze
rinunceresti alla tua crudeltà esacerbata dalla paura
e sapresti piangere lacrime vere
se mai ne avessi il cuore.
Ti perdono.

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Un poco ancora è il freddo
mentre sono la danzatrice che non ho scelto d’essere
e mi riprendo i pezzi
che si erano squagliati nelle tue dita
neve di cipria e rivoluzione;

d’ottobre
ora che sono fuori da ogni casa di sogno
apprezzerò la leggerezza
la possibilità e il possedermi
totalmente
senza dividermi in gemiti o sospiri
senza carezze o aspettative

e le mie dita si poggeranno contro le mensole come uccellini sfuggiti alla tempesta
e accarezzerò ancora i gradini coi piedi
senza più tacchi né spade
smetterò di boicottare i miei sforzi e imparerò a credere nelle mie insicurezze come in promesse dell’atletica leggera
con il tuo sguardo severo ci ho fatto la pace
ti auguro una sorte identica
sarò una principessa rosa tra gli scaloni e non sentirai la mia assenza
stretto come sei nella tua gabbia respirerai libero dalla fatica delle passioni
esteta imbevuto di anestetico
e forse un giorno troverai l’umiltà di lasciarti aprire la porta della felicità
ché nessuno si salva da solo.

Ti perdono.

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Facebook: ritenzione lirica
Instagram: irenemichela

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