Ho fatto questo sogno
e gli uomini erano alberi
e gli alberi erano amache
per le tristezze: le ho lasciate andare.
I sorrisi si stiravano come dopo l’inverno
alla fine del letargo – ogni cosa era oro e rosso
rosso nelle pieghe delle palpebre mobili
rosso sui miei polsi vagabondi
e rosso sui ciuffi d’erba scoperti dal sole;
rosso nelle vene del fiume
e nel verde tramonto di cartapesta.
Ho fatto questo sogno
e il tuo cuore sapeva di cioccolata;
e c’erano semi di parole nel caffè
e lampi di rigore tra i girotondi e le danze.
Il mio gineceo splendeva ebbro e si stagliava contro il vetro
nudo nella sua bellezza
adorno di caprifogli
tu non riconoscevi il sapore delle mie tempie
e non avevi denti per aggrapparti alla mia bocca;
una sera fredda danzava turchese
dietro alla tenda delle nostre risate
e non c’era altro da aggiungere
che non fossero lucciole e brividi.
Ho fatto questo sogno e mi ha svegliata la consapevolezza
della futilità del vento:
anche a scostarli i capelli ricadranno sulla mia piccola fronte, eterni;
anche a spazzarle, le paure sono nuvole erranti in cerca di casa,
uccelli migranti tra le due sponde del mio cielo.
E potresti ricalcare i tuoi stessi passi, non saresti il primo.
Avanti, verrò ad aprire.
Non hai di che agitarti. Ho fatto un sogno
e mi ha svegliata la consapevolezza
della grandiosità del vento
della meraviglia del tempo
che fa piovere le morse del cuore.
Piove nel fegato ed è di nuovo mascara
piove dal cuore della notte sulle espressioni del giorno
piove e sono le mie stesse ansie
disciolte, le mie stesse nervosi,
trasfigurate fino a nutrirmi.
La pelle non si mischia alle cose,
mi mantiene divisa, non ti inganni
la grana fine del bianco
il pulsare del sangue.
Da questo seno hai bevuto abbastanza.
Il coraggio germoglia dai miei molti solchi
nella terra innaffiata dal sonno.
Ho fatto questo sogno e so bene che risponderti:
– Niente.
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