Alle due e ventiquattro di una notte qualsiasi
dopo l’amore, la birra e le risa di stelle
mi ha svegliata un temporale.
Ma il cielo è asciutto oltre il confine del mio sterno
non c’è altro tuono che il tamburo del tuo russare
nulla turba la notte degli altri
– erano lampi di consapevolezza
dall’incubatrice del mio cranio.
Vorrei potessi entrare a riaggiustare i pezzi
tecnico del proiettore dietro le palpebre:
riscriveresti la pellicola dei miei incubi
documentario di ricordi distopici
premonizioni male assortite
lacrime abortite che reclamano vita.
Sul tuo petto spengo la pioggia
con la musica del tuo cuore
ninnananna di tamburi.
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