E se per caso io sapessi imporre
un nome a questa mia mancanza, quale
appello per vaga malinconia
– fino alla fibra dei tendini lo sforzo
d’oblio del disperare nuda in terra –
al precipitare chiaro di meteore
non avrei argine di leggerezza
alcuna.
È un nulla quest’acqua sul selciato
la misura del passo
nella marcia di rugiada
il mio canto scordato nel parcheggio
dietro l’ufficio postale.
– Niente – il silenzio di foglia, sfumando,
esala in lacrime la danza della linfa.
Sperare è certo un gesto del caso, gioco
di fini equilibrismi.
Certe volte ho bisogno di scrivere.
Devo interrompere qualsiasi cosa stia facendo e dare forma a quello che penso, a quello che sento o a quello che intuisco.
Ci sono cose che so scrivere ma non saprei pronunciare o spiegare.
Le parole vengono fuori da sole, e attraversano la rete per raggiungere altre persone.
Alcuni si emozionano.
Le mie parole sono il mio legame più autentico con le persone, il mio personale collegamento con l'arteria del mondo.
Ed è per questo che le scrivo qui.
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