In riva a un fiume

I

Il mio sudore scivola
goccia a goccia – sul seno
su un fianco – la mia fatica
scorre in terra, s’insinua nelle crepe
del terreno e sacra confluisce
in un torrente di futuri possibili 
rimpianti, rimorsi, lacrime e fluidi
di donne passate;
per anse e rapide scava la terra
e alla fine della lunga battaglia
s’adagia placido in fiume
per defluire in mare
dove potrà congiungersi al sale dei tuoi giorni.

L’anima è nei luoghi in cui la lasci, sparsa:
nei luoghi in cui, sparsa, la lasci cadere.

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Mentre bolle qualcosa sul fuoco

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In questo mondo senza Lou Reed
gli Spritz sono viola e le unghie si sfaldano
dentro alle emozioni mute 
al fondo della gola
e poetiche del tacere si infrangono
contro lo scoglio delle mie necessità
cupe e cicliche
come notturne risacche.

Spesso mi incanto, in questo mondo senza Lou Reed:
ma non manca mai il pane
i cardi e il grano sono a bollire
e un melograno per rosario mi mantiene morbida
e la mia bocca è una foglia secca
dalla curva accennata nella mantella di lana
cammina anche senza le tue scarpe nere
è femmina e aspetta
aspetta.

Lou Reed è sempre sul piatto dei dischi
questi stivali hanno ancora le borchie
portano per sentieri lastricati di giallo e nervature e stelle
per costruire castelli di miele e skills
come hanno fatto per anni
come hanno dimenticato di fare per un pezzo
come col tempo hanno ricordato di fare.

Cose che ci saremmo dette adesso

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Ogni ferita ne guarisce un’altra.
Più il colpo è forte e la lama è profonda,
più è facile 
dimenticare
quella che l’ha preceduta.

Cercami nelle cicatrici, contale tutte:
me le sono procurata amando
intensamente,
sono fiera
di ciascuna di esse.

Indovina le rughe che un giorno avrà il mio viso.
Sto costruendo con passione, senza creme antiage.
Vecchia potrò
ricordare,
rifletterà tutto lo specchio del mio sguardo.

L’amore è un dono, non un merito:
non ci appartiene.
Solo possiamo respirarlo, e
rendere grazie
d’esser capaci di sentimenti.

Le mie pupille siano una lode perpetua.
Saranno tentate e le guarderai cedere,
eppure ogni volta
sapranno
ritrovare la strada di casa.

Ricordami da dentro il sangue
che cosa significa
ridere i giorni.
Dormirà un sonno leggero e profumato di lenzuola pulite
dormirà nelle ore migliori, al mattino presto
prima dell’alba;
io guarderò la luce filtrare in mezzo alle tapparelle
promettermi un odore nuovo.

Albergo di ricordi pronto a ospitare nuovi sguardi,
questo cuore giallo pompa calore fin sotto le unghie.
La mia pelle è uno straccio da buttare in un angolo
insieme ai gemiti
ai desideri
a tutti i futuri inceneriti.

Venti diversi che lottano tra le mie costole
e venti euro per i miei sogni
come una puttana qualsiasi:
spara, trasformerò ogni proiettile in un fiore.

Non un solo neo parlerà più di questa rabbia
neanche uno,
sarò una distesa di gioia
su cui soltanto
il vento poggerà le dita.

Le cicatrici di tutti gli sbagli saranno il mio solo vestito
e le mani che vorranno spogliarmi
non troveranno cuciture o cerniere.
Sono nuda.
La mia armatura è fatta di sorrisi,
ogni volta che è scalfita si sa ricostruire.

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Vita al vento

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E se mi prendessi la libertà
di lasciarvi liberi
di andare in frantumi 
e affidassi al vento il compito
di raccogliere i pezzetti

e cercassi di tenermi io
intera tutta insieme
– se davvero non ci fosse mediazione
a telefoni spenti, nella quiete di cortili ombrosi,
stesa su muri di mattone
cercherei il respiro tra gli zigomi chiusi
e non saprei più
da che attingere l’acqua.

C’è una sorgente in fondo al cuore
da cui lascio esplodere
cascate di risa.
Svuotata, di vita
mi faccio avvolgere:
l’empatia spegne in fretta il furore.

Riemergo me stessa
alla luce del sole
disperdo scintille
sguardi sorrisi nel vento.

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Cristallo di rabbia

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Se non trovassi mai la piena forma
della mia rabbia atavica più pura
e a queste occhiaie fossi destinata 
per sempre, a questa furia cieca,

mi rimetterei in cammino
verrei a cercare il tuo fiato
e ti pregherei in silenzio
con un solo sguardo: libera

il mio passo dal tuo ricordo di piombo,
sciogli il veto della tua nostalgia,
ricordami perché non ho distrutto
il tuo nome maledetto, la mia memoria.

Altri scontano la colpa di noi due,
la mia furia è un fiume acido, sferza
gli argini, corrode braccia innocenti
senza raggiungerti mai. Ti ho perdonato.

Troverò un giorno parola di cera
per bruciare la rabbia e il dolore
saprò perdonarmi la debolezza
di dover essere fragile per essere forte.

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Potrai dimenticarmi

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Leggerai di me
nel soffio di gatto randagio
capace di addomesticarsi
e volutamente riottoso
al giogo degli stand up meeting
in casa del padrone del tempo.

Scritta su un libro
può darsi tu possa trovarmi
un giorno – non saprà vendersi
la mia parola di occhiate oblique,
priva di tormentati gemiti
insensibile alla posa drammatica,
parola di gricia e di risa sguaiate
ostile ai languori,
dai languorini appagati.

Sarà parola per incartar tulipani,
per riempire buchi nel muro,
pagina perfetta per quel tavolo traballante
nell’ufficio dei cantastorie per caso.

Leggerai di me
ridendo tra i baffi
sui miei versi macchiati di cenere
dal caldarrostaio: eppure

il male che t’han fatto i miei chiodi, pixel dopo pixel, non l’avrai scordato ancora; nessuna strada verso la spazzatura risparmierà una visita al tuo stomaco stretto di ignaro passante,

colmo d’ignavia al colmo della felicità.
La parola è eterna, come il tormento del mio perdono.

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